La mia prima riunione di condominio si è conclusa con discreta neutralità ma mi ha permesso di individuare alcune figure vagamente pittoresche.
Primo di tutti è il professore di storia e filosofia del liceo linguistico (sigh), sessantenne (portati molto male), un numero imprecisato di figli adolescenti a carico. Arriva leggermente in ritardo perché era “a un corso di formazione”, commenta sornione gli scazzi dei più agguerriti, non ha la più pallida idea di chi io sia e mi saluta dicendo che prima di tornare a casa va a farsi una birra. È già il mio preferito, ovviamente.
La signora pettegola. Mi fa accomodare di fianco a lei, mi sorride e dopo poco scopro che è la mia dirimpettaia e che sa esattamente chi sono e cosa faccio. Accenna un “si, la vedo che fa sempre tutte cose.” Non ho capito cosa siano “tutte cose”, ma in ogni caso tende e tapparelle non riparano da chi si fa i cazzi di tutti, sapevatelo.
Il bello del condominio. Che poi dire bello è veramente tanto, ma quel tipo che nel mucchio di anziani ti fa sentire meno sola. “Un filo di trucco potevo metterlo…” penso. Al secondo controllo vedo l’anello al dito e realizzo che si tratta del neo papà che abita due piani sotto di me. È talmente gentile che rientrando mi invita a conoscere moglie e piccoletta. Ringrazio ma “devo ancora cenare, sicuramente la prossima volta” dico. Stasera sarebbe veramente troppo.
E alla fine lui. L’ultra 40 enne single per scelta altrui, sovrappeso, con un lavoro precario. Ricorda vagamente Salvini, sputa sentenze razziste sui cinesi noncurante del distinto signore asiatico alle sue spalle (che per inciso parla un italiano più corretto del suo) suggerisce di lanciare bombe incendiarie verso i profughi ma si spaventa all’accenno di spesa di importo di circa 20€. Mentre parla ricordo di averlo incrociato più volte durante il trasloco e che in una di queste amene occasioni mi aveva detto “Allora è proprio destino!”. Ecco, speriamo di no.
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