Non so voi, ma io penso a cosa indossare di mattina mentre sono ancora a letto, in quella mezz’ora che intercorre tra il suono della sveglia e l’immancabile francesismo “merda, sono in ritardo”.
Mentre mi rotolo tra le coperte, scelgo se il mood della giornata mi porterà ad indossare un vestito odei pantaloni, i tacchi o delle scarpe basse. Alcune mattine questo meccanismo funziona alla perfezione, l’outfit si crea in un attimo e tutto fila liscio come l’olio. Ma ci sono altre mattine in cui la macchina si inceppa, alle volte già a partire dal mio cervello, altre volte perché, si sa, nella mia vita capitano molte cose buffe.
Quando il meccanismo si inceppa nel cervello, azzardo outfit che poi nella realtà sono delle schifezze assolute, quindi i cambi d’abito si sprecano che nemmeno alla notte degli Oscar. E finisco con l’uscire di casa vestita immancabilmente di nero, con addosso quasi sicuramente la stagione sbagliata.
Capita invece che qualche mattina sia il mondo a remare contro. E spesso capita di lunedì, esattamente come stamattina.
La prima sveglia, quella del telefono, è suonata alle 6:50. “Interrompi”.
La seconda, quella del comodino, ha squillato alle 7. “Ritarda di 8 minuti”. Ancora qualche attimo per riepilogare la scelta: pantalone blu, camicetta bianca, le scarpe nuove arrivate venerdì. ‘Magari metto anche la cintura bianca, non dovrebbe starci male.’ Dopo aver procrastinato per 3 volte l’obbligo inderogabile di alzarmi dal letto, affronto la luce del sole alzando la tapparella e mi butto sotto la doccia, mentre faccio bollire l’acqua per quella brodaglia che solo io oso chiamare caffè.
Mentre mangio i biscotti al cioccolato che la mia nutrizionista ha (quasi) approvato, cerco di dare una parvenza di ordine alla casa, nascondendo nel cesto dei panni da lavare i residui rimasti a terra dal weekend. Mi vesto, mi trucco con quel minimo sindacale di fondotinta e mascara che puntualmente nessuno nota e mi avvio verso l’armadio delle scarpe. Apro la scatola di quei gioiellini arrivati venerdì e indosso la scarpa sinistra. Mentre sto in equilibrio sul tacco, afferro l’altra scarpa e la infilo distrattamente al piede destro. E qui mi rendo conto che qualcosa non va. Osservo la scarpa per una decina di secondi buoni, cercando di capire cosa non andasse. Le avrò mica comprate troppo strette, di nuovo? Poi lentamente un pensiero prende forma nella mia testa, nonostante l’ora. Ci impiego altri 10 secondi, scatto una foto alle scarpe e la invio: “Sono due scarpe sinistre, vero Jess?”.
Appena mi arriva la conferma, maledico l’errore del negozio ma capisco di dover trovare una soluzione in fretta. Sono le 8:20 e dovrei uscire ADESSO.
Valuto per un secondo la possibilità di uscire con due scarpe sinistre ma la scarto velocemente. Mi è capitato, purtroppo non per eccesso di anticonformismo, di uscire di casa con due scarpe diverse tra loro, ma quella volta ciascun piede era almeno comodo nella forma a lui dedicata.
Ritorno in me, cambio camicia, cintura e indosso un paio di meravigliose scarpe rosse. Nuove anche loro, e vi prego di soprassedere sulle ben conosciute motivazioni dello shopping compulsivo.
Insomma mi ritrovo dopo pochi minuti a scendere le scale di casa e salutare il portinaio, che sta parlando con il nuovo vicino di casa seduto su un motorino.
“Dove posso parcheggiare il motorino in un posto sicuro?” chiede il vicino.
“Eh… sicuro”, ribatte Luciano sconsolato.
“Sarebbe bello sapere che c’è qualcosa di sicuro nella vita no?” continua, sorridendo, il giovane vicino.
E a questo punto, per qualche strano motivo, ritengo opportuno intromettermi.
“Ma c’è!” squittisco. “La morte. E le tasse”. Sorrido, ma in realtà è una paresi che deriva dalla consapevolezza di aver detto una stronzata. Accelero il passo, sono quasi certa che a questo punto nessuno voglia intavolare una conversazione con me. E poco dopo mi ritrovo a correre come ogni dannata mattina, nella speranza che questa volta il conducente del tram non mi chiuda le porte in faccia, aiutandomi a volare in ritardo verso quello che si prospettava un meraviglioso lunedì di lavoro.